Il giardino dell’ Hotel Parco dei Principi è un Eden segreto che si estende per 27mila mq sulla costa sorrentina, costituendo un gioiello di rara bellezza per il valore botanico delle specie ospitate quanto per le vicende che qui si susseguirono: tra fasti di corte, amori travolgenti e illustri viaggiatori. L’origine del Parco è datata intorno alla fine del’700 quando, per opera del conte di Siracusa, Paolo Leopoldo di Borbone (cugino del Re di Napoli Ferdinando IV), fu costruito l’edificio neorinascimentale “Poggio Siracusa”, oggi Villa Cortchacow.
L’opera, che sorge sul limite esterno del parco, gode di una posizione spettacolare sull’intero golfo di Napoli e si caratterizza per l’architettura tipica borbonica arricchita da saloni sontuosi, magnifiche scalinate e stanze affacciate direttamente sul mare. La storia del Palazzo e quella del Parco sono unite da un intreccio di intrighi e di amori, legati alle antiche generazioni borboniche e alla nobiltà russa. Il luogo diventò presto il rifugio di intimi incontri e feste di corte e fu durante una di queste che il conte Paolo Leopoldo si innamorò della giovane principessa ungherese Tanjia Zoratrivich, giunta a Sorrento per godere dell’aria salubre e trovare sollievo dalla malattia.
Ma la loro storia d’amore durò poco perchè dopo più di un anno insieme la principessa morì e da lì a poco il conte, che si lasciò andare in preda alla follia. Il tragico evento sembrò presagire le sorti della villa che subì un periodo di abbandono con la caduta del Regno borbonico e l’arrivo dei Savoia. Dopo varie vicissitudini e diversi acquirenti la proprietà conobbe una nuova rinascita nel 1885, quando fu venduta alla principessa Maria Sturdza e al principe Costantino Cortchacow, che a sua volta la donò alla figlia Elena. La principessa Cortchacow dedicò particolare attenzione al parco, arricchendolo con numerose specie botaniche provenienti da tutto il mondo. Dopo la caduta della famiglia russa la villa conobbe un nuovo periodo di declino fino al 1958, quando fu acquistata dall’ingegnere Roberto Fernandes che vi costruì accanto l’attuale albergo Hotel dei Principi progettato da Gio Ponti.
Il Parco si presenta oggi come un giardino botanico di pregio, frutto della passione di proprietari, giardinieri e curatori che hanno contribuito negli anni ad arricchire la collezione di piante provenienti da ogni dove. Specie esotiche tropicali e subtropicali si mescolano alla flora mediterranea grazie al microclima costantemente mite che caraterizza la zona. Palme secolari di Jubaea chilensis svettano maestose insieme a quelle delle Canarie e di altre specie, mentre Canfori, Pini, Cedro del Libano, Gingko si ergono come testimoni silenti e antichi. Ai loro piedi un sottobosco esotico di felci arboree, hydrangea, hedychium, clivie, liriope, ibisco…e ampie distese di convallaria: impiegata ovunque come tappezzante. I viali attraversano il Parco accompagnando il visitatore agli angoli più segreti e non mancano vasche con piante acquatiche, zampilli, e architetture romantiche come il tempietto neoclassico. La struttura è sormontata da sei colonne su capitelli ionici che circondano il busto di Venere cui il tempietto è dedicato.
Singolare è la vicenda che porrebbe le fondamenta della nascita dell’opera. Sorgeva lì, nel punto in cui si colloca, l’antico orto dei Francescani, il cui convento della Cocumella, adiacente l’attuale Parco, condivideva in origine parte del giardino. Padre Zaccaria, al rientro dalla missione nelle Ande peruviane, portò con sè una pianticella “preziosa” che si dice avesse effetti magici sull’ eros ed esaltasse il culto del “perenne amore”, decidendo di coltivarla proprio lì, nell’orto, fino a scrivere un libro sulle sue proprietà. Un’iniziativa entusiasmante se non fosse per il fatto che l’ignara pianta dagli strani effetti era in realtà l’ Erythroxylum coca, il cui alcaloide concedeva estasi ai religiosi e perenne amore ai laici. Il conte Paolo Leopoldo decise così di erigere il tempietto dedicato a Venere proprio lì, su quel poggio di terra dove il frate coltivava l’amata pianta. La maestosità del Parco, la ricchezza del patrimonio botanico e il fascino esotico che evoca immergono il visitatore in un paradiso perduto, dove le vicende del passato sembrano rivivere tra i viali, le piante secolari e le architetture che lo caratterizzano. Un tripudio di magnificenza dove natura, storia e paesaggio si innestano tra loro fino a creare un capolavoro di inestimabile bellezza.