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Certosa di San Martino

Il complesso monumentale della Certosa e Museo di San Martino, a Napoli, è senz’altro tra i luoghi più rappresentativi della cultura spirituale, artistica, civile e paesaggistica di Napoli, in grado di custodire preziosi capolavori della pittura seicentesca e settecentesca così come imbarcazioni reali, presepi, carrozze, dipinti, una farmacia storica e non per ultimo… il panorama, che qui lascia senza fiato offrendo una visione sull’intero Golfo unica e privilegiata. Una volta varcato l’ingresso, un ampio cortile monumentale introduce alla Chiesa che si rivela uno scrigno di tesori artistici frutto di autori del calibro di Cosimo Fanzago, Giovanni Lanfranco, Giuseppe Sanmartino, Josepe de Ribera, Massimo Stanzione, Battistello Caracciolo. L’altare maggiore, interamente in legno dorato, è dipinto come fosse marmo e non fu mai completato nella sua versione definitiva.

Gli affreschi, le tele e le decorazioni che ornano le cappelle e la sagrestia rivelano gli influssi barocchi e settecenteschi del periodo, mentre nel sottosuolo, tra i sotterranei, la Certosa conserva le sue radici gotiche più austere, attraverso un’opera di ingegneria possente ed elegante, fatta di lunghi e stretti corridoi, volte ogivali, pilastri. Spazi che accolgono statue ed epigrafi raccolte tra la fine dell’ 800 e il primo decennio del ‘900,  in seguito a donazioni private, acquisti, lasciti, cessioni e depositi. La raccolta si articola in circa 150 opere di marmo, disposte secono ordine cronologico e di provenienza. Tra le sculture in marmo di epoca trecentesca, ritroviamo il sarcofago di Beatrice del Balzo ricavato da un’antica vasca d’età romana del II-III sec.d.C., ed una lastra a rilievo raffigurante un’ allegoria tra la Morte e Franceschino da Brignale, rappresentante l’eterna lotta tra l’attaccamento alla vita terrena e l’ineluttabilità della morte. Altre lastre tombali, figure e frammenti dal ‘300 al ‘500 si susseguono nei sotterranei. Tra le opere settecentesche due sculture, prima dell’uscita, rivelano la straordinaria maestria dei suoi autori. Si tratta dell’imponente statua di San Fracesco d’Assisi di Giuseppe Sanmartino e dell’ Allegoria velata, scolpita probabilmente dal suo allievo, Angelo Viva, che ricorda nelle sembianze le statue velate di Cappella Sansevero.

La Sezione Navale, ricavata dai vecchi ambienti recuperati, era già impiegata dalla fine del XIX secolo come deposito delle imbarcazioni reali della Regia Marina. Il complesso monumentale della Certosa ospita un’importante arsenale navale d’epoca con testimonianze di rilievo che vanno dalla lancia reale a 24 remi d’età borbonica a quella a 14 remi appartenuta a Umberto I di Savoia, realizzata nel 1889, entrambe ricche di intarsi e finemente lavorate. Una ricca serie di modelli in scala, con diverse tipologie di navi, tutte varate nei cantieri di Napoli e Castellammare di Stabia, datati tra la fine del XVIII  e la metà del XIX secolo, rivelano tutta la potenza della flotta borbonica nel Mediterraneo. Di alto pregio è anche il Caicco, l’imbarcazione turca donata dal sultano Selim III a Ferdinando IV di Borbone, decorata da raffinati arabeschi. Altre sale della sezione navale ospitano inoltre armi bianche e da fuoco e strumenti nautici appartenuti all’Armata di Mare. 

Nell’area destinata alla cucina dell’antica Certosa, è stata invece allestita la sezione presepiale, la più importante d’Italia dedicata all’artigianato del presepe napoletano. Tra le collezioni la più importante è quella donata da Michele Cuciniello, che personalmente donò allo Stato la sua raccolta di oltre 800 figure tra pastori, animali e accessori, e contribuì alla sua completa realizzazione fino all’inaugurazione avvenuta nel 1879. Il presepe Cuciniello è senz’altro l’espressione più rappresentativa del presepe napoletano del ‘700, per dimensione e per varietà di elementi che lo compongono. Ambientato in una finta grotta, racchiuso da una vetrata frontale, è dotato di un impianto d’illuminazione che simula le ore di giorno e notte. L’impatto scenografico è sorprendente. L’intera scena appare congelata nel tempo e la minuzia di dettagli così come gli abiti in tessuto dei figuranti ben rappresentano la maestria dell’artigianato napoletano d’epoca. Una serie di “scarabattoli”, come vengono chiamate le teche in vetro, ospitano altre collezioni presepiali frutto di donazioni private. Non mancano inoltre figure e statue di epoche precedenti, che nell’insieme rendono ancor più completa la ” storia presepiale” di Napoli. E’ infatti custodita in questa sezione la grandiosa Vergine in legno con le figure superstiti, opere quattrocentesche realizzate per la Chiesa di San Giovanni a Carbonara, dagli scultori Pietro e Giovanni Alamanno.

Nella sala che dal Portico dei Procuratori conduce ai Giardini, trovano invece posto una serie di carrozze: la carrozza degli Eletti e la carrozza di Maria Cristina di Savoia. La Carrozza degli Eletti, realizzata tra la fine del XVII secolo e l’inizio del XVIII secolo per volere del tribunale di San Lorenzo, fu impiegata per le cerimonie più prestigiose della città, come quella di Piedigrotta o la processione del Corpus Domini. La carrozza di Maria Cristina di Savoia fu realizzata invece nel 1806 per Ferdinando I di Borbone, e fu impiegata fino alla fine del Regno delle Due Sicilie per partecipare alle cerimonie civili e religiose. Con l’unità d’Italia fu poi utilizzata dai Savoia. Nella stessa sala furono collocati anche gli stemmi di provenienza reale e vicereale, come quelli provenienti da Porta Medina, Castel Nuovo e Castel Capuano.

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