A pochi chilometri da Montella, nel parco dei Monti Picentini, seguendo il vallone Scorzella alle pendici del monte Serralonga, è possibile scoprire un’interessante cavità naturale situata a 850 metri d’altitudine. E’ la Grotta del Caprone il cui nome, secondo la leggenda, deriva dai Sabba: una sorta di riti satanici che avvenivano nella notte tra il sabato e la domenica tra le streghe e il demonio, presente sotto le sembianze di un caprone. Nel XIX secolo fu usata come covo dalla banda di briganti della famiglia Carbone. Si raggiunge con una passeggiata di circa 2 ore, un po’ impegnativa in quanto in salita con un dislivello di oltre 200 metri che diventa particolarmente ripido nella parte finale del percorso. Il sentiero si snoda dalle pendici del monte Serralonga attraversando boschi di faggi e lecci, costeggiando dapprima il vallone per poi allontanarsi e spingersi più a monte.
Si percorre l’intero sentiero fino a quando un’ indicazione su un albero” Salire sopra” indica che si è giunti a destinazione. Bisogna quindi abbandonare il sentiero e risalire per una decina di metri il grande colatoio d’acqua facendo molta attenzione al substrato scivoloso. Sulla sinistra, con un po’ di attenzione, tra i rami morti e le rocce si scorgerà presto l’antro della grotta. Con l’aiuto delle torce l’ interno rivela la sua morfologia costituita da un’unica grande camera ricca di stalattiti e stalagmiti. Nel silenzio, lo sgocciolio testimonia la vitalità della grotta che appare quindi ancora attiva. Le concrezioni calcaree hanno dimensioni e forme notevoli e da subito rimandano all’eta millenaria necessaria per la loro formazione. Qua e là, qualche grillo delle grotte ( Dolichopoda sp.) e un solo pipistrello che volteggia infastidito probabilmente dalle luci. L’atmosfera è davvero suggestiva. L’ isolamento, il buio perenne in cui vive, lo scenario delle concrezioni quando illuminate, la magia delle forme, il silenzio rotto soltanto dal gocciolio, le leggende, rendono la grotta del Caprone un luogo selvaggio e interessante.