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"Viviamo solo per scoprire nuova bellezza,

Tutto il resto è una forma d'attesa" (Kahlil Gibran)

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Nel piccolo borgo medioevale di Piedimonte di Casolla, a Caserta, l'antica dimora di Palazzo Cocozza nasconde un tesoro romantico di raffinata bellezza. All'austerità architettonica dell'edificio, risalente all'epoca aragonese, si contrappone la vitalità paesaggistica del giardino interno dove la varietà di forme, colori, e profumi inebrianti danno luogo ad un'atmosfera fiabesca e ricca di fascino naturale. Dall'mpianto originario il giardino assunse un aspetto paesaggistico agli inizi del '900 grazie alla Marchesa Luisa Cocozza di Montanara. È invece opera dell'architetto inglese, Peter Curzon, l'impostazione attuale, frutto di una commistione di stili ed essenze sapientemente combinati tra loro. Basta varcare l'ampio portale in piperno del cortile interno per ritrovarsi subito in una dimensione romantica dove il suono dell'acqua, attraverso la successione di vasche e fontane, è il filo conduttore che guida il visitatore verso un'esperienza sensoriale completa. Attraverso i tre livelli i viali si intersecano regalando scorci e prospettive botaniche sempre nuove, arricchite da elementi decorativi ed architettonici di tipo classico. Alberi di lecci secolari, alloro, canfori, cedri, pini, cipressi...Fanno da sfondo a filari di aranci e melograni, ai cui piedi crescono arbusti e piante perenni. Palme del genere Phoenix canariensis si stagliano maestose con i loro fusti colonnari, sane e rigogliose: baluardo di resistenza contro il destino funesto che ormai ha decimato la specie in tutto il territorio.

Ai loro piedi una moltitudine di rose e lavande delimitate da bordure di teucrium e bosso finemente modellate che, insieme a bergerie, ceratostigma, perovskia, e salvie di vario genere, conferiscono naturalezza e movimento all'aspetto formale del giardino. Dai muretti in tufo grigio cuscini di rosmarino, abelie, pitosforo, spiree, ed altre essenze mediterranee si mescolano tra loro mentre cascate di Erigeron karvinskianus, Rosa chinensis, agavi, e distese di Tulbaghia violacea colorano le aree più assolate, in armonia con il paesaggio rurale e collinare circostante. Non mancano  specie esotiche ben integrate che conferiscono contemporaneità e punti di interesse al giardino, come il maestoso esemplare arboreo di Erythrina crista-galli, che infiamma l'estate con grappoli floreali rosso scarlatto. Un giardino mediterraneo dal sapore antico e raffinato, rivisitato in chiave contemporanea e poetica per le suggestioni che regala attraversando i viali: come quello degli aranci dove, tra bordure di agapanto, spiree, abelie, leonotis e anemoni giapponesi, l'occhio corre fino a scorgere, in lontananza, lo zampillo d'acqua che anima il laghetto. Circondato da lecci secolari lo stagno con le ninfee, insieme alla pergola di glicine, accompagna la scenografia romantica del tempietto neoclassico che si scorge in quest'area amena del giardino. Qui le ampie infiorescenze panicolate dell'Hydrangea quercifolia illuminano di bianco le zone ombrose. Riparato allo sguardo da un fondale topiario di Laurus nobilis, la terrazza superiore accoglie invece un viale di antichi melograni ed una vasca settecentesca in marmo bianco. Tra le architetture una grande serra, concepita come winter garden, ospita esemplari di Phoenix roebelenii, Howea forsteriana, Philodendron selloum, collocati in  "caisses de Versailles", insieme a felci Platycerium, Asplenium etc... Nell'Aranceto di sotto, invece, un'esedra con panchine in pietra racchiusa da siepi di leccio resituisce una dimensione intima e segreta. Il giardino, nella sua interezza, si schiude agli occhi del visitatore come un luogo unico per stile, armonia e romanticismo tanto che, nel 1969, fu scelto da Pier Paolo Pasolini per ambientarvi alcune scene del suo Decameron. Esternamente al palazzo e sul lato opposto della strada, accanto la cappella privata dei Cocozza, dedicata a San Rocco, sorge un’area verde destinata all'orto e frutteto, concepita come naturale prosecuzione del giardino interno. Nell'impianto attuale quello di Palazzo Cocozza di Montanara è un esempio virtuoso di giardino privato perfettamente recuperato dal ricco patrimonio botanico che, tra mediterraneità ed ambientazioni classiche e pittoresche, dà vita a romantiche scenografie vegetali dal notevole impatto emotivo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Seppur il calendario segni ancora l'inverno, l'aria primaverile di inizio Marzo invoglia ad assaporare colori e profumi della stagione in arrivo. I fiori di camelia e Magnolia soulangeana fanno capolino ai primi tepori in modo esuberante, regalando, ovunque arrivi lo sguardo, scorci romantici di una rinascita annunciata. Basta percorrere i viali del Giardino Inglese della Reggia di Caserta per ritrovarsi subito immersi in uno scenario da fiaba. Qui, da secoli, l'opera dell'uomo e della natura regalano al visitatore emozioni senza tempo, attraverso scenografie paesaggistiche incantate che mutano d'aspetto a seconda delle stagioni. Sono i giorni in cui alberi di magnolia e antiche camelie si caricano di migliaia di boccioli che, una volta sfioriti, danno vita a delicati tappeti di petali bianchi e rosa. Solenni e maestosi, gli alberi secolari di Magnolia soulangeana si vestono di grazia rivestendo i fitti rami contorti di una moltitudine di fiori. Non passa di certo inosservato l'esemplare collocato presso lo stagno delle ninfee, che, proprio in questo periodo, esplode in un esuberate spettacolo floreale attraverso i suoi rami che si protendono fino a sfiorare l'acqua, in uno scenario fiabesco.

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Oltre lo stagno, in prossimità del bosco di bambù e delimitati da antichi cipressi, altri alberi più giovani di magnolia nelle varietà denudata, stellata, liliiflora sono raccolti a formare un delizioso boschetto dalle tonalità delicate. I boccioli ancora chiusi serrano con tenacia i petali ed una volta schiusi e sfioriti danzano nell'aria al primo soffio di vento. Alla base di anchi esemplari i singoli petali si accumulano a migliaia dando vita a tappeti più o meno densi, simbolo di una bellezza rinnovata e non ancora esaurita. E così, nell'area delle antiche serre borboniche, tra i roseti ancora assopiti, un albero di magnolia soulangeana si staglia in tutta la sua delicata e meravigliosa imponenza. Il viale ai suoi piedi, che costeggia da un lato la bordura di salvie, è tappezzato di bianco e di rosa in modo fitto e continuo tanto da rendere naturale desistere da ogni tentativo di calpestio che possa sgualcire così tanta bellezza. Una panchina accanto è un invito a sedervi e basta alzare lo sguardo per trovarsi sovrastati da una delicate nube che, attraverso i rami, sembra prolungarsi verso l'alto all'infinito. 

Davanti alla Grande Serra è la collezione di camelie, invece, a catturare l'attenzione per l'importanza degli esemplari coltivati e le fioriture in corso. Sono tra le più antiche d'Europa ed è proprio nel Giardino Inglese della Reggia che la camelia arrivò dal Giappone per la prima volta in Europa alla fine del '700, impiantata direttamente dal giardiniere paesaggista inglese Graefer, artefice dell'intero giardino. Un primato conservato attraversato i secoli nell'eleganza romantica degli esemplari antichi che compongono la collezione che in questo periodo regalano copiose fioriture nelle più svariate composizioni: dal rosa al bianco, dal rosso a colorazioni screziate, a petali singoli o doppi. Anche qui, per centinaia di fiori che si preparano a schiudersi, altri, ormai appassiti, cadono al suolo rinnovandone bellezza e vitalità come naturale prolungamento del loro divenire.  

 

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Il viale d'ingresso delimitato da siepi di bosso che conduce al padiglione neoclassico  

A Recale, a pochi chilometri dalla celebre Reggia di Caserta, vi è un giardino che racconta storie di duchi, nobiltà fiorenti, dame di corte, regnanti illuminati...tra architetture botaniche formali ed influenze paesaggistiche inglesi: è il giardino dell'attuale Villa Porfidia, dimora settecentesca dei Duchi Guevara di Bovino che da Napoli si trasferirono a Recale in seguito al dislocamento della sede reale borbonica presso la Reggia di Caserta. La volontà della duchessa Annamaria Suardo Guevara di Bovino di realizzare un giardino trovò presto l'appoggio del re di Napoli Ferdinando IV di Borbone che, il 3 settembre del 1781, le concesse in dono "un carlino d'acqua" per irrigare il giardino: la stessa acqua che, dall'acquedotto vanvitelliano, alimentava le fontane della vicina Reggia. Il giardino, esteso su 1,7 ettari, fu inizialmente concepito secondo i canoni formali del giardino all'italiana dell'epoca e solo successivamente, con l'arrivo degli Hamilton, subì radicali modifiche che ne stravolssero l'aspetto iniaizle. Per Lady Emma Hamilton, moglie dell'ambasciatore inglese a Napoli, William Hamilton, e dama di corte della regina Carolina, il giardino, così come si presentava, andava liberato dalla prigionia botanica delle forme e delle geometrie cui era confinato.  

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 L'albero di canfora secolare introdotto da Lady Hamilton 

Il giardino potè godere di una nuova visione, in voga con le tendenze paesaggistiche inglesi. Lady Hamilton cominciò ad introdurre alberi ad alto fusto affinchè fossero lasciati liberi di crescere, senza potature, conferendo così un aspetto più naturale alle geometrie vegetali preesistenti. Cedri, pini, auracaria, camelie, tra cui la pregiata varietà "atrioviolacea", liriodendro, alberi di canfora...si ergono ancora maestosi e solenni tra i viali del giardino, testimoni viventi di oltre due secoli di storia. Anche l'annesso bosco di lecci, finora riservato alla caccia, fu trasformato in un ambiente dedicato alla contemplazione della natura, dove poter passeggiare tra alberi plurisecolari, fontane e giochi d'acqua. Col passarre degli anni il giardino risentì delle tendenze botaniche di ogni periodo e nuove essenze man mano trovarono posto modificandone ulteriormente l'aspetto. Piante subtropicali, favorite dal clima, apportarono al giardino ulteriore curiosità e interesse. Dal '700 al '900 il giardino dei Duchi di Guevara si rivela essere una commistione di stili frutto di vicende storiche e filosofie paesaggistiche conservate ancora oggi nella memoria vivente delle piante che lo animano.   

 

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Un antico casolare in pietra tra una manciata di case nel cuore del Cilento, un lembo di terra incolto e il desiderio di trasformarlo, un pugno di semi, la pazienza, il talento e la scelta di un nome: Kraneia, che non poteva essere altrimenti, perchè soltanto il nome di una ninfa legata ad un albero, il ciliegio, avrebbe potuto evocare l'incanto e le suggestioni di un luogo che sembra fuggire dalla realtà per restituire una dimensione onirica e fiabesca. Il giardino di Anna è un'opera d'arte dove elementi naturali sapientemente combinati creano scenografie di una raffinata e romantica bellezza. È Maggio e gli archi traboccano di rose mentre le praterie di erbacee perenni dipingono il giardino in una moltitudine di forme e tonalità. Dall'entrata il colpo d'occhio è sorprendente e ovunque le digitalis si ergono come sentinelle, custodi di tanta bellezza. Il cielo coperto ravviva i colori e le frequenti piogge passate hanno regalato una straordinaria abbondanza di volumi e fioriture. La cura per ogni minimo dettaglio, lo studio, la perseveranza e il buon gusto che contraddistingue la scelta dei vari elementi tra loro, rivelano una passione profonda e un animo attento e sensibile, in grado di emozionare ed emozionarsi per ciò che di bello la natura offre. Il patio è un laboratorio occupato da scaffali in legno che ospitano vassoi e vasetti ricchi di semi e giovani piantine, sistemati con cura, che rivelano una pazienza infinita ed una meticolosa operosità. Un'abitudine, quella di seminare, mai persa e che è stata artefice di un lavoro cominciato dieci anni fa quando pochi semi e il desiderio di coltivarli hanno segnato la strada verso una passione sempre crescente, realizzata oggi nella visione di un giardino, Kraneia, che è un'intima corrispondenza con la natura ed un omaggio a chi potrà goderne.  

 

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I cortili interni dei palazzi storici italiani a volte rivelano scorci romantici e persi nel tempo dove lo spazio, protetto dai venti e favorito da una luce diffusa, ben si presta alla realizzazione di giardini d'ombra lussureggianti che svelano squarci di una bellezza intima e segreta. Nel centro storico di Caserta un palazzo antico del XIX secolo nasconde un angolo di paradiso perduto frutto della creatività e della sensibilità artistica del suo artefice. Il giardino interno è parte integrante della residenza dell'Architetto Nicola Tartaglione, da sempre attento al recupero e alla valorizzazione di antiche dimore e giardini storici. Nella sua dimora privata l'architetto non poteva che sublimare tutta la sua passione fino a convertirla in una scenografia botanica e architettonica frutto di un'accurata progettazione e di una costante opera di manutenzione e conservazione. La scalinata che dal piano superiore conduce al giardino è un invito a immergersi in un mondo antico e segreto, dove piante esotiche esuberanti si mescolano ad elementi decorativi d'antiquariato. La superficie di 100mq è amplificata dalla verticalità delle alte pareti perimetrali, dalle quali masse voluminose di piante rampicanti precipitano avvolgendo il giardino in una sorta di ventre primordiale. I racemi della Thunbergia grandiflora ricadono sospesi, con grazia, colorando di blu lavanda il giardino che in questo periodo si veste di un verde intenso e brillante. A fargli compagnia Trachelospermum jasminoides, bignonie, glicini, rose, philodendro e le liane di un Tetrastigma voinierianum. Ad est, nell'aiuola quadrangolare, un albero di Cornus costituisce l'elemento strutturale predominante, slanciandosi verso l'alto con libertà ed eleganza in un trait d'union tra terra e cielo. Ai piedi: un sottobosco di Tradescantia, Chlorophytum e giovani camelie. Intorno è un trionfio di esuberanze botaniche dove alla semplicità delle aspidistra, hydrangee, clivie, begonie...Si mescolano gli ampi fogliami subtropicali dell'Howea forsteriana, della Colocasia esculenta, della Monstera deliciosa, delle Musa basjoo che, riparate, crescono rigogliose godendo dell'umidità ambientale. Un'atmosfera florida dove la fontana e la vasca avvolta da capelvenere, addossata alla parete, rendono ancor più intima e naturale l'architettura botanica ricreata. All'impianto vegetale l'architetto Tartaglione opera con l'innesto di elementi antichi quali terreccotte, lampade, ferri, fregi, provenienti da Palazzo Grauso e Palazzo Tartaglione di Marcianise, che sembrano soccombere alla forza del tempo e della natura per riemergere come vestigia di un passato nobile e remoto.